giovedì 31 ottobre 2013


Rainbow


Pace e prosperità a tutti.

1955. Il Giappone è ancora in ginocchio dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Sette adolescenti rinchiusi in riformatorio sono vittime di violenze e umiliazioni. Sono valori come l'amicizia, la solidarietà, il coraggio potranno salvarli...”

Storia George Abe

Disegni Masasumi Kakizaki

Quest'oggi vi vorrei parlare di Rainbow, come potete aver capito parla di come il Giappone visse il primissimo dopoguerra e di come sopratutto i più deboli (donne, vecchi e bambini) sono stati coloro che lo subirono di più, come sempre chi meno ha responsabilità e potere decisionale è sempre chi subisce di più le responsabilità e il potere decisionale di altri e la storia di questo manga ne è un esempio.

Avendo studiato a lungo la storia e avendo approfondito quella del Giappone posso dire che non ci sono esagerazioni e la storia è assolutamente plausibile con i sistemi e modi dell'epoca.

L'autore, infatti, ha proprio vissuto il periodo. Si sente quando un'opera è scritta per “sentito dire” e quando per “sentito provare” e questa appartiene al secondo gruppo.

Si legge in una nota infatti:

Io, che sono nato nel 1937, ho passato la mia infanzia in un Giappone sconfitto in guerra dall'America e che si trovava in una situazione economica simile all'odierno Afghanistan. So bene che senza la libertà e l'amore gli esseri umani vivono come schiavi, come animali domestici.

Anche avendo in mano il denaro e il potere la gente vivrà sempre una vita triste e vuota.

Tuttavia, per ottenere quella libertà e quell'amore, ciò che è importante possedere è un grande senso dei valori e del coraggio.

Grazie al maestro Kakizaki, sono riuscito a cominciare quest'opera, che ho nella mia testa dall'anno trenta del periodo Showa (1995). Rainbow, i sette della cella sei del blocco due, una storia di amore e coraggio.
George Abe

In questo manga anche se sembra che non ci sia via d'uscita, che non ci sia speranza per nessuno ad un certo punto per i sei si apre una piccola porticina; il settimo personaggio, chiamato da tutti “Fratellone”.

Fratellone farà da guida nell'inferno del riformatorio in cui si trovano.

Per quanto riguarda i disegni, l'artista è lo stesso di Hideout e quindi...

Per tirare le somme:

se vi affascina il manga storico e crudo non potere non leggerlo, se vi danno fastidio violenze ed umiliazioni e il vostro genere è più “rose e fiori” quando ve lo trovate di fronte non lo aprite nemmeno.

Io personalmente sono rimasto molto colpito dal tutto e la sensazione che predominava nella lettura e dopo di essa è la rabbia, non la rabbia per quello che capita ai sette ma perché ho trasposto ciò che leggevo nella realtà che mi circonda e la rabbia è quella di vedere come in una situazione in cui le cose sono sicuramente migliori di quella del fumetto non riusciamo a far nascere e crescere quel coraggio e libertà di cui parla Abe e di come invece il potere e il denaro diventino sempre più forti.

Per me il fumetto è stato un modo (tra i tanti) per pensare... la storia dell'umanità, sotto certi punti di vista, è ciclica... io direi di cercare di evitare di rifare il turno che Abe ha vissuto non credete?

Nella lettera Abe ci ricorda infatti che una tale situazione la sta vivendo un paese oggi e non cinquanta anni fa... siamo sicuri che non possa capitarci nulla di quello che leggiamo nel fumetto? E che non ci capita già?

Altro pensiero va a quelli che dicono che i fumetti sono inutili... mah.


Asmodeus Zed






martedì 29 ottobre 2013


Hideout

Pace e prosperità a tutti.

Oggi vorrei parlarvi di Hideout un manga dai toni davvero asfissianti.

Innanzitutto cominciamo subito con il dire che è un volume unico ad un prezzo accettabile con sovra-copertina davvero bello e già questo è un punto a suo favore in quanto nella spesa di un prodotto non si acquista solo l'opera intellettuale ma anche la il supporto materiale che ha un'importanza almeno equivalente.

Ma non indugiamo oltre...

Il termine esatto per definire questo volume è un piccolo capolavoro, o meglio dovrei dire un capolavoro piccolo. Nel suo volume unico si comincia in un modo, la storia prende una piega inaspettata ad un certo punto grazie alla coppia di sposi che apre la storia, poi la stessa cambia in un altro modo assolutamente diverso da come era cominciato, poi flash-back che spiega il secondo colpo di scena (anche lui assolutamente diverso dal resto) per finire poi in un tutt'altro modo.

Queste sono le sensazioni che ho provato leggendolo, e tutto questo in un (non vorrei essere ripetitivo ma lo faccio lo stesso) unico volume, il dono della sintesi senza tralasciare nulla.

Hideout in un volume racconta l'orrore, l'asfissia, la claustrofobia e la cosa più bella di tutte è che tutte queste sensazioni sono più forti non nel momento di tensione vero, non nel momento in cui i “mostri” si palesano ma nel momento in cui racconta la vita di coppia dei due! L'indovinello è capire chi è il mostro tra i personaggi.

Credo che una parte della storia (spero non tutto, poi capirete leggendolo) sia stato vissuto dall'autore che alla fine di tutti in un post scriptum dice: “con quest'opera credo di aver estratto tutto il veleno che avevo in corpo...” e ne doveva avere davvero molto.

Ora un po' di storia senza rivelare nulla di importante...

il tutto inizia con un viaggio, un viaggio riparatore... per risollevare le sorti di una coppia di coniugi, lui uno scrittore, lei... ricca di famiglia. L'ossessione che pervade i tutto, il leit motiv di tutta l'opera è la necessità ossessiva di una redenzione, di ricominciare dove forse è impossibile non perché lo impedisca il tempo o la fisica ma solo la società con le sue regole non scritte, regole che hanno un unica definizione; castranti.

Non dimentichiamo poi i disegni e le scelte di stile che si accompagnano perfettamente alla crudezza della storia, nel complesso (anche se è un termine bambinesco) davvero belli.

Io sono... Seiichi Kirishima...

Tu sei... la mia... famiglia...

Asmodeus Zed

venerdì 25 ottobre 2013

Psycometer

Pace e prosperità a tutti, quest'oggi vorrei parlarvi di Psycometrer.
Iniziamo subito con il dire che appena preso il manga e rigirandolo tra le mani come un bambino mi ha dato una impressione completamente diversa da quello che all'interno vi ho trovato e sfido chiunque a provare il contrario.
Il manga è un thriller giallo serial-killer story che fino a qui può sembrare un tema visto e rivisto e rivisto e rivisto e rivisto... in più il personaggio principale è uno psicometrista da cui il titolo appunto (psicometria: capacità di leggere i pensieri rimasti impressi negli oggetti o nei luoghi).
Questo ragazzo quindi toccando le persone e i cadaveri riesce a vederne gli ultimi pensieri e poi sta
a lui e alla sua collega (della polizia) cercare di comprenderne il significato.
Quello che mi ha sempre colpito dei manga di questo genere è la necessità di inserire in un giallo (passatemi il termine) un potere o più poteri sovrannaturali (vedi Detective Conan) e ho sempre pensato che fosse la cosa più stupida da fare e spiego il perché; in una detective story (ripassatemi il termine) l'obiettivo è cercare di ricostruire un accadimento per trovare un colpevole partendo dalle tracce e dall'osservazione di queste ultime. In una situazione simile la conoscenza della “fisica” e delle possibilità reali di oggetti e avvenimenti è fondamentale, se si aggiunge anche un solo momento sovrannaturale questa regola decade, faccio un esempio.

Se in una stanza chiusa a chiave dall'interno è stato commesso un delitto, nella realtà spetta a chi segue le indagini seguire una pista logica dell'avvenimento anche se sembra impossibile e allora la cosa diventa intrigante proprio perché deve essere “fattibile” l'omicidio e il detective di turno ha le armi per arrivare alla soluzione.
Nel momento in cui però esiste un mondo dove è possibile passare attraverso i muri, fermare il tempo o altro di sovrannaturale, il ragionamento logico viene meno e per me tutto il resto.

Tutto questo ragionamento però viene a cadere in questo manga, nel suo piccolo è fatto davvero bene e il potere della psicometria è giocato ancora meglio soprattutto perché lascia spazio all'indagine e alla storia, spezza bene la tensione tramite battute davvero simpatiche e inaspettate, il modus operandi del killer è davvero intrigante (se può essere intrigante una serie di omicidi).

Per quanto riguarda il disegno poi è davvero simpatico il suo modo di giocare con il tratto e le immagini e quando volti pagina l'ultima cosa che ti aspetti è quello che vedrai disegnato.

Nel complesso niente male.


Asmodeus Zed


   

lunedì 7 ottobre 2013

Pace e prosperità a tutti.

Noè

Sta per arrivare la catastrofe che distruggerà la terra mondandola dai peccati che gli uomini hanno perpetrato nel tempo.
Noè (si il Noè dell'arca) comincia ad avere delle visioni che gli fanno comprendere il disegno e la volontà del Signore, costruire l'arca... fino a qui tutto sembra coincidere ma poi comincia la parte interessante... Noè comincia a costruire l'arca con l'aiuto dei giganti con quattro o sei braccia, questi non sono altro che angeli che decisero di scendere sulla terra per insegnare all'uomo le arti e i mestieri e che nella discesa persero le ali per l'attrito con l'atmosfera.

Lotte e sangue, amori e rancori, tradimenti e nuove alleanze, la famiglia di Noè contrapposta ai barbari, tutto avviene in un mondo distrutto e arido in un epoca in cui solo ruderi sono rimasti dei tempi antichi dove, ciò che importa è soltanto la sopravvivenza del più forte o del più violento e dove la speranza e la carità del Creatore sembrano essere sparite completamente. In uno scenario del genere solo una speranza è rimasta alla razza umana... il legname.


“Darren Aronofsky, pluripremiato regista di The Wrestler e Il Cigno nero, rinarra l'epica sconvolgente del diluvio universale e le traversie del patriarca Noè e della sua famiglia, un capolavoro che presto diventerà un film con Russel Crow, Jennifer Connelly, Emma Watson e Anthony Hopkins.”